Homo Saeviens

Hamburger ai quattro vitelli

L’insegna luminosa suonava come un invito a cena. Guardò attraverso l’ampia porta a vetri: non sembrava un ristorante, piuttosto somigliava a una tavola calda con annesso servizio di bar. Il locale era vuoto, quindi provò ad entrare non prima di aver racimolato qualche spicciolo nelle tasche dei pantaloni logori e nella segreta del pesante giubbone che lo riparava dal gelo nelle notti passate all’addiaccio. L’interno del locale era allestito sobriamente con un arredamento che richiamava l’era pre-carnivora. Lasciò andare la maniglia della porta che si chiuse da sé, emettendo un sinistro rantolio per poi oscillare come se fosse dotata di vita propria. Si accomodò pigramente a un tavolo. Subito dopo una cameriera emerse dall’oscurità.
«Cosa prende?» chiese sfoderando un accenno di sorriso. Indossava una divisa che si intonava alla perfezione con il color mogano delle pareti.
«Prima che mi risponda» riprese la cameriera con tono cortese «le consiglio la nostra speciale babilonia di carni, l’hamburger ai quattro vitelli»
«Mai sentita… Proviamola!» assentì il tipo con un marcato accento russo.
«Benissimo» approvò soddisfatta la cameriera annotando l’ordinazione su un minuscolo blocco note. «E cosa le porto da bere?»
«Vodka!»
La ragazza si ritirò nell’oscurità del locale. Quasi simultaneamente qualcuno bussò sull’uscio a vetri. La porta rantolò e un tale completamente rivestito di jeans fece il suo ingresso con passo deciso nel locale. Di bell’aspetto, dimostrava più o meno trentacinque anni.
«Ciao, Axel!» disse, sedendosi al tavolino. «Passavo casualmente da questa strada e…»
«Vieni dal porto, Lou?» tagliò corto l’altro.
«Sì»
«Che aria tira?»
«Domani arriverà un altro carico…»
«Cristo santo» mormorò Axel, dando un pugno sul tavolo. «Nemmeno una puttana ingorda…»
La conversazione venne interrotta dall’arrivo della cameriera che con naturale destrezza servì la cena.
«Mangi questa sbobba?» chiese incuriosito Lou.
«Ne farei volentieri a meno…»
Quando uscirono dal locale era notte fonda con una luna che tagliava il buio delle strade deserte.

continua

Marcello Colozzo

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