Una notte qualunque, in un caffè di provincia, due uomini s’incontrano per caso. Uno è un passante qualunque, preso dalle piccole preoccupazioni della vita quotidiana: pacchi da spedire, orari da rispettare, abitudini da non infrangere. L’altro è un uomo che porta con sé un segreto terribile: una malattia inesorabile, “il fiore in bocca”, che lo avvicina lentamente alla morte. Nel dialogo che li unisce – semplice e insieme abissale – Pirandello mette a confronto chi vive senza accorgersene e chi sente ogni istante come l’ultimo. L’uomo condannato dalla malattia osserva il mondo con una lucidità struggente, aggrappandosi ai dettagli: un gesto, un volto, un colore. Ogni cosa diventa preziosa, vibrante, irripetibile, mentre la vita gli sfugge. Con straordinaria intensità e compassione, Pirandello costruisce uno dei suoi testi più brevi e più grandi: un monologo sull’esistenza, sulla paura, sulla bellezza delle cose minime, sulla disperata voglia di trattenere ciò che inevitabilmente si perde.
Luigi Pirandello (1867–1936) è stato uno dei più grandi drammaturghi e scrittori italiani del XX secolo, noto per le sue opere teatrali e narrative che esplorano temi come l’identità, l’apparenza e la realtà, la follia, e la frammentazione della personalità. Pirandello vinse il Premio Nobel per la letteratura nel 1934.
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