Rudi cercò, allora, di acquisire informazioni sul mantra. Sondò in profondità il web, leggendo brani come il seguente
I mantra sono forse “l’invenzione” più riuscita dell’Oriente. La vita di un indiano o di un tibetano è scandita dal susseguirsi dei mantra, formule complesse e semplici sillabe dotate di significati molteplici o del tutto spoglie di significato comprensibile.
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Non è facile, peraltro, nemmeno stabilire che cosa sia un mantra: formula verbale dal significato recondito, pura energia sonora, nome di un dio, porta di ingresso in altre dimensioni, chiave di attivazione di energie sottili. Forse tutte queste cose, forse nessuna di esse. Mi piace pensare che i mantra siano “parola silenziosa” per eccellenza, una definizione paradossale ma non peregrina […]
In ogni caso, il mantra non era una “scoperta” occidentale. In un famoso saggio (La lingua degli uccelli), Rene Guenon scriveva:

In un certo senso, il mantra si liberava dalla complessità del linguaggio, essendo fondamentalmente costituito da unità prive di significato semantico. Forse proprio in questo risiedeva la sua efficacia nel favorire la comparsa di onde alfa. Il caso della spogliarellista di origine aliena era peraltro differente. Nello specifico, Rudi congetturava l’utilizzo di un mantra symbol: una stringa alfanumerica in grado di crackare un cervello ovvero modularne il profilo bio-elettrico. Solo in questo modo era possibile spiegare l’allucinazione collettiva indotta dalla spogliarellista. Magari quest’ultima nemmeno esisteva, essendo l’output della predetta allucinazione.