Il romanzo più bello di Angelo Gatti.
Dall’incipit:
La littorina, che va da Asti a Chivasso, correva furiosamente sulla via in trincea; di tanto in tanto, a un passaggio a livello, un contadino fermo nel campo con i buoi la guardava, sbattendo le ciglia. A tratti una stazioncina appariva, la carrozza fischiando rallentava, il capotreno, berretto sulla nuca e colletto sbottonato, correva verso il capostazione, che gli sventolava in faccia una bandierina rossa. Qualche viaggiatore, intanto, saliva e scendeva in silenzio; poi, la carrozza, cigolando da tutte le giunture, si rimetteva a correre furiosamente. A vederla di dietro, pareva che muovesse la coda.
Cominciava un pomeriggio di luglio soffocato e abbagliante, e un calore d’incendio, un odore d’arsiccio gravavano sulla campagna. Paesi calcinati, vigne bruciate dal verderame e ingiallite dalla polvere, campi mietuti, spaccati dal gran secco, apparivano e sparivano nell’aria immobile. Sulle strade deserte gli alberi non gettavano ancora ombra; qualche uccello, tornando al nido, provava a cantare, ma nessuno gli badava. I contadini, quasi tutti di ritorno dal mercato di Asti, risentivano gli effetti del calore e della fatica. Le donne, specialmente, s’abbandonavano disfatte sulle panchette di velluto. Avevano tutte qualche cosa in grembo, bambino o canestro; il fardello scivolava giú, e le donne lo riprendevano a mezza strada, con un gesto macchinale.
Angelo Gatti (Capua, 9 gennaio 1875 – Milano, 19 giugno 1948) è stato un generale, saggista e romanziere italiano.
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