Il titolo di questo numero è ridondante con quello del capitolo 3 del già citato Il Tao della fisica, ma le argomentazioni sono molto diverse, anche se non divergenti.
Riprendiamo la storia di Rudi…
In quel periodo aveva conosciuto una spogliarellista che si esibiva in un noto locale del quartiere storico della sua città. Sia chiaro: non si realizzò la classica storia di sesso, poiché egli era terrorizzato dalle malattie sessualmente trasmissibili. In ogni caso, si invaghì della donna che, però, non restituì il sentimento provato (un matematico avrebbe argomentato asserendo che la relazione non era simmetrica). Con il senno di poi, Rudi comprese che nel suo caso non si realizzò la giusta “risonanza”. Nella circostanza, un esempio clamoroso di risonanza che trascende l’aspetto fisico, era offerto da un famoso racconto (Vero amore) di Isaac Asimov, in cui una donna stupenda si innamora perdutamente di un programma per computer…
Il sistema percettivo di Rudi era programmato al 100% in modalità razionale, ragion per cui egli modellava la realtà esterna nella predetta modalità. I primi a “saltare” furono proprio i sentimenti affettivi/amorosi. Seguirono, quasi a ruota libera, misticismo e religione. Per non parlare poi di tutta la fuffa newage che popolava il web…
Tuttavia, una sera la spogliarellista gli confidò un segreto: durante le esibizioni non si spogliava, ma per i clienti del locale accadeva l’esatto contrario. Più precisamente, la donna attraverso una qualche tecnica per così dire pre-telepatica, era riuscita a modulare il sistema percettivo dei clienti. Insomma, una sorta di allucinazione collettiva… Naturalmente, Rudi si sbellicò dalle risate perché non credeva a una sillaba di tutto ciò. Ma la spogliarellista gli mostrò un video stupefacente ripreso con lo smarphone, che provava le sue argomentazioni. Il video mostrava una sala in cui sguardi avidi e concupiscenti si incrociavano in quell’atmosfera densa di feromoni. E, strano ma vero, la spogliarellista non si denudava.
Per quanto visto nel numero precedente, Rudi si fece “mordere dallo Zen”. E allora capì che il linguaggio è una mera convenzione. Generalizzando tale conclusione, si potrebbe addirittura asserire che se programmiamo il nostro sistema percettivo in modo razionale, tale sistema non farà altro che restituire un mondo siffatto. E viceversa. D’altra parte, secondo lo Zen, il soggetto che osserva la realtà esterna (in un qualche ragionevole senso del termine) è tutt’uno con quest’ultima. Tale conclusione è corroborata dal famoso paradosso della misura della meccanica quantistica, che esprime una sorta di interferenza tra sperimentatore e sistema quantistico. Tuttavia, si potrebbe obiettare che ciò si verifica solo a livello sub-microscopico, per cui a scala macroscopica il mondo recupera la propria oggettività ed indipendenza dal soggetto cosciente. Ma negli anni 70 del secolo scorso, due studiosi cileni di neuroscienze – Humberto Maturana e Francisco Varela – attraverso un nuovo paradigma, mostrarono che durante quel processo di apprendimento denominato “vita”, il nostro sistema percettivo crea un mondo a partire da un “agglomerato” che implementa la “realtà esterna”. Metaforicamente, è la nostra percezione a tracciare una mappa su quel territorio per così dire, aleatorio, che è appunto la realtà esterna. L’esecuzione del predetto mapping è realizzata dal linguaggio. Parafrasando lo studioso di semantica Alfred Korzybski, si potrebbe asserire che la mappa non è il territorio, per cui il linguaggio restituisce solo un modello di realtà e non la realtà medesima. Dunque, il linguaggio crea un mondo o meglio, una sua rappresentazione. Un matematico direbbe che esiste comunque, un isomorfismo tra mappa e territorio. Ma se ci spingiamo oltre tale allegoria, siamo costretti ad asserire che il predetto isomorfismo non è canonico. In soldoni, esistono tante realtà quanti sono i sistemi percettivi. Ogni rappresentazione del reale è isomorfa alla realtà medesima, ma nell’insieme delle infinite rappresentazioni non ne esiste una che possa ritenersi privilegiata rispetto alle altre.